La storia del mio
viaggio in Irlanda non è fatta di grandi eventi ma di sottilissimi
momenti interiori. È una storia senza trama, che non va verso un
destino; forse non è neppure una storia.
Tutto il percorso
attraverso l’isola incantata è stato una stupita meraviglia, un
rincorrersi di pensieri, un avvicendarsi di domande che avevano come
ultimo scopo quello di tentar di chiarire i significati della vita. È
stata una specie di prova esistenziale nata in un clima di graduale
rinnovamento ed accompagnata da visioni di un mondo ancora sconosciuto
ma affine in modo struggente, e denso di promesse; è stato un cosciente
abbandono a sentimenti evocati dalla terra in cui muovevo i miei passi,
segnando l'inizio di una vicenda in cui entrare affascinata da nuove e
continue scoperte.
Per me è stato amore
a prima vista. Forse il motivo più profondo del fascino che quella terra
ha esercitato su di me sta nell’accostamento continuo di dimensioni
opposte: l’infinito e il particolare, l’inquietudine e la quiete,
la magia del silenzio e il rumore del mare e del vento. La mia natura è entrata in risonanza con le voci dell’isola: frangersi di
onde, sussurri di brezze, musica e risate nelle strade in città.
Questa è l'Irlanda:
mare e terra. Terra sotto cieli drammatici, o verde, o cupa, e bianca di
roccia, e rosea sotto le distese d’erica e tutta aperta al sole e al
vento; dolce e pacata, e tuttavia forte e intensa. E ci sono laghi e
ruscelli e verde quieto di prati, e promontori e correnti e isole, con
tepore di sole e con sapore di salso e di vento.
Se ripenso a Dublino
con le sue belle piazze, le vie spaziose, le eleganti porte georgiane, e
poi alle verdi colline, agli azzurri specchi d'acqua che riflettono
scenari selvaggi, e alle cittadine dalle candide case addensate in fondo
a quei golfi tra le coste frastagliate o raccolte su una scogliera o
inerpicate in faccia al mare aperto, e alla distesa di verdi campi che
comincia al di là delle rocce, e ai profondi fiordi, e ai cieli ricchi
di dense nuvole galoppanti col vento, mi accorgo, ancora e sempre, che
l'Irlanda è tutto questo.
La suggestione magica
dell’isola sta nella natura, nei suoi colori, nella varietà dei paesaggi
che si fissano in immagini ora pallide e sfumate, ora nitide e
brillanti.
L'incanto quasi
surreale dello scenario si trasfigura nello spazio luminoso che muta i
profili abituali delle cose riproponendole in una sorta di irrealtà
assolutamente fantastica e in una nuova misteriosa vitalità.
Gli effetti di luce
sono strani e mutevoli. Il sole ancora inonda le colline lontane, ma già
grosse nubi si addensano, dando alla solitudine dei luoghi un aspetto
drammatico.
Aspre scogliere a picco sul mare e, nell’interno,
colline, laghi e
brughiere… gli scorci visivi si susseguono
diversissimi: i cieli di un azzurro intenso solcati da strabilianti
arcobaleni; i prati di un verde irreale che scendono fino nel mare, e
uccelli, e erica, e fucsia….
Lo scenario
dell'Irlanda è sereno, sembra creato apposta per vagabondarvi, per
cercare la solitudine e per costruire colloqui. È un mondo fatto di
campi, di colline, di scogliere e insenature, simboli di emozioni ancora
mai elaborate, di inappagate curiosità e di evasioni accarezzate anche
solo col desiderio.
Il mio è stato un
vagabondare senza meta, assorto in una stupita percezione dell’anima che
si ribellava alla ineluttabile temporaneità di quel viaggio. Procedevo
come spinta da un'esigenza di arrivare andando incontro ad ogni
successiva tappa, percorrendo, inquieta pellegrina, la distesa verde
della campagna.
In quell’atmosfera
sfumavano intorno a me i contorni del reale e quella natura magica
tendeva a dilatarsi in forma cosmica. Mi piaceva vagabondare la sera;
mi piaceva l'odore notturno della campagna. E mi piaceva scoprire il
mistero di quella terra, coglierne le rispondenze, fissarne i simboli
che nel buio della notte trovavano il grande scenario in cui esprimersi
e chiarificarsi.
Ed io osservavo
quella terra con la precisa coscienza, però, di non possederla
veramente, di starci provvisoria. Era, la mia, una curiosità intensa e
malinconica per ciò che mi circondava; esplorazioni, vagabondaggi, la
stessa partenza per nuove destinazioni erano elementi della mia
inevitabile transitorietà.
*********
Mi è rimasto molto,
nel cuore, di quel viaggio. Non sono soltanto ricordi ma emozioni
incancellabili. A volte, andando in giro, d’improvviso colgo uno scorcio
nel paesaggio o un profumo o, ancora, una sensazione legata a queste
cose che mi riportano ad un qualche momento indefinito di allora. Non è
neppure un vero ricordo, è una specie di vaga reminiscenza di un tempo
che non sono in grado di riafferrare quasi appartenesse ad un’altra vita
ma che mi riempie per un istante l’animo di uno spasimo di felicità, di
un piacere struggente che annulla tutto il resto. Che cos’è? È la
nostalgia di quel viaggio... di un attimo vissuto e poi perduto.
|